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II Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni il Precursore

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 23:02
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05/09/2009 23:02

Letture Rito Ambrosiano
 
 Is 63, 7-17; Sal 79; Eb 3,1-6; Gv 5,37-47
 
 
 
 SETTIMANA DELLA II DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE


Messa nel giorno della domenica:
LETTURA
Lettura del profeta Isaia 63, 7-17

In quei giorni. Isaia parlò, dicendo: / «Voglio ricordare i benefici del Signore, / le glorie del Signore, / quanto egli ha fatto per noi. / Egli è grande in bontà per la casa d’Israele. / Egli ci trattò secondo la sua misericordia, / secondo la grandezza della sua grazia. / Disse: “Certo, essi sono il mio popolo, / figli che non deluderanno”, / e fu per loro un salvatore / in tutte le loro tribolazioni. / Non un inviato né un angelo, / ma egli stesso li ha salvati; / con amore e compassione li ha riscattati, / li ha sollevati e portati su di sé, / tutti i giorni del passato. / Ma essi si ribellarono / e contristarono il suo santo spirito. / Egli perciò divenne loro nemico / e mosse loro guerra. / Allora si ricordarono dei giorni antichi, / di Mosè suo servo. / Dov’è colui che lo fece salire dal mare / con il pastore del suo gregge? / Dov’è colui che gli pose nell’intimo / il suo santo spirito, / colui che fece camminare alla destra di Mosè / il suo braccio glorioso, / che divise le acque davanti a loro / acquistandosi un nome eterno, / colui che li fece avanzare tra i flutti / come un cavallo nella steppa? / Non inciamparono, / come armento che scende per la valle: / lo spirito del Signore li guidava al riposo. / Così tu conducesti il tuo popolo, / per acquistarti un nome glorioso. / Guarda dal cielo e osserva / dalla tua dimora santa e gloriosa. / Dove sono il tuo zelo e la tua potenza, / il fremito delle tue viscere / e la tua misericordia? / Non forzarti all’insensibilità, / perché tu sei nostro padre, / poiché Abramo non ci riconosce / e Israele non si ricorda di noi. / Tu, Signore, sei nostro padre, / da sempre ti chiami nostro redentore. / Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie / e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? / Ritorna per amore dei tuoi servi, / per amore delle tribù, tua eredità».

SALMO
Sal 79

® Fa’ splendere il tuo volto, Signore, e noi saremo salvi.
Tu, pastore d’Israele, ascolta,
tu che guidi Giuseppe come un gregge.
Seduto sui cherubini, risplendi
davanti a Èfraim, Beniamino e Manasse.
Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci. ®

Hai sradicato una vite dall’Egitto,
hai scacciato le genti e l’hai trapiantata.
Le hai preparato il terreno,
hai affondato le sue radici
ed essa ha riempito la terra. ®

Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. ®

Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. ®

EPISTOLA
Lettera agli Ebrei 3, 1-6

Fratelli santi, voi che siete partecipi di una vocazione celeste, prestate attenzione a Gesù, l’apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo, il quale è degno di fede per colui che l’ha costituito tale, come lo fu anche Mosè in tutta la sua casa. Ma, in confronto a Mosè, egli è stato giudicato degno di una gloria tanto maggiore quanto l’onore del costruttore della casa supera quello della casa stessa. Ogni casa infatti viene costruita da qualcuno; ma colui che ha costruito tutto è Dio. In verità Mosè fu degno di fede in tutta la sua casa come servitore, per dare testimonianza di ciò che doveva essere annunciato più tardi. Cristo, invece, lo fu come figlio, posto sopra la sua casa. E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 5, 37-47

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

Commento al Vangelo del 6 settembre
Gesù come Mosè
II Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni il precursore
04.09.2009
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


Potremmo intitolare a Mosè questa domenica, infatti il suo nome ritorna in tutti e tre i testi della liturgia della parola. Nel ricordo dei benefici del Signore evocati dalla prima lettura Mosè ha un posto di rilievo, lui servo del Signore che attraverso le acque del Mar Rosso ha condotto il popolo verso la libertà avendo alla sua destra il braccio stesso di Dio. E ancora Mosè è chiamato servitore di Dio nel secondo testo. Soprattutto nel passo evangelico Gesù afferma un legame profondo tra Mosè e la sua persona. Ai suoi contemporanei che lo rifiutano mentre si ritengono fedeli discepoli di Mosè Gesù ricorda che proprio gli scritti di Mosè, le sue parole parlano di lui: “Perché di me ha scritto”. La scelta di questi testi ci invita a scrutare le Scritture e in particolare le parole di Mosè per scoprire in esse la misteriosa prefigurazione del Cristo. Ancora una volta ci viene ricordata la radice ebraica della nostra fede e, al tempo stesso, il compimento delle Scritture nella persona di Gesù. Anche oggi il Giudaismo che riconosce il valore sacro ai libri della Scrittura, circonda di singolare venerazione i libri di Mosè. In ogni Sinagoga nell’armadio posto sul fondo, coperto da un velo, ci sono solo i libri di Mosè, libri sacri per eccellenza. Anche noi, ascoltando Mosè, ci poniamo in sintonia con la più genuina tradizione ebraica. E A Mosè guardò la prima comunità cristiana quando volle presentare Gesù come nuova legge. Quando l’evangelista Matteo vorrà creare una degna cornice al grande discorso detto “della montagna” che enuncia la novità del suo annuncio, collocherà Gesù alto sul monte, nuovo Mosè che propone le nuove parole, dopo le dieci parole del decalogo ricevute da Mosè sul monte Sinai.

Paura della missione

Possiamo allora cercare nella figura di Mosè qualche tratto che ci parla di Gesù: “Di me ha scritto” dice infatti Gesù. Non vi sorprenda se comincio questo rapporto Mosè-Gesù dalla comune esperienza della paura. Un sentimento che ci appartiene e che segna la nostra umanità. Mosè ha avuto paura della missione che Dio gli affidava: diventare il liberatore del suo popolo e ripetutamente cerca di sottrarsi misurandosi con Dio in una sorta di lotta corpo a corpo, in una sorta di braccio di ferro fino ad arrivare a dire a Dio: “Perdonami, Signore mio, manda un altro” (Es 4,13). Anche Gesù ha avuto paura. Non potremo fare tale affermazione se non fosse contenuta nei Vangeli. Secondo Marco 14,33s. Gesù “sente paura” e dice: “La mia anima è triste fino alla morte”. Nell’ultima notte della sua vita ha vissuto con angoscia la vigilia della sua morte chiedendo al Padre d’esserne liberato. Ritroviamo in Mosè e in Gesù tutta la nostra fatica ad affidarci perdutamente a Dio, la fatica di credere in Lui. Un secondo tratto accomuna Mosè e Gesù: l’appartenenza al popolo, il legame con il popolo. Quante volte Mosè si pone tra il popolo ribelle e infedele e Dio, quante volte Mosè intercede per il popolo. E quando Dio gli propone di prendere le distanze dal popolo ribelle per costituire un nuovo popolo, Mosè reagisce: No, voglio continuare con il mio popolo e insistentemente ricorderà a Dio che questo è il suo popolo e che non deve abbandonarlo. Questa identificazione di Mosè con il popolo segnato dall’infedeltà anticipa un tratto decisivo del mistero di Cristo, “reso in tutto simile ai fratelli” (Eb 2,17). Proprio perché definitivamente solidale con l’umanità Cristo ne è il Salvatore.

Una morte misteriosa

Un terzo tratto fa di Mosè una anticipazione di Cristo. Abbiamo già detto che la prima comunità cristiana ha voluto presentare Gesù come nuovo Mosè che dal Monte enuncia la nuova legge, come Mosè sul Sinai aveva ricevuto le dieci parole, i Comandamenti. Gesù come Mosè, ma nuovo Mosè perché non semplicemente enuncia una nuova legge ma presenta se stesso attraverso le Beatitudini come nuova legge. Ormai la nuova legge consisterà nell’imitazione di Gesù, è Lui, ormai, la nostra nuova legge. Eppure le parole della legge consegnata a Mosè non devono cadere. Tutti e in particolare quanti hanno responsabilità pubbliche sono tenuti al rigoroso rispetto delle dieci parole, i Comandamenti, sia nella propria vita privata che in quella pubblica. Infine nella sua misteriosa morte Mosè anticipa la morte di Cristo. Della morte di Mosè si dice che “aveva 120 anni, gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno”. Mosè muore ma essendo servo di Dio in lui si manifesta misteriosamente lo spirito della risurrezione. Chi, come Mosè, è servo di Dio, sì muore ma in lui la vita si manifesterà. Davvero, con la sua vita, come dice oggi Gesù nell’Evangelo, Mosè ha scritto di me.
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