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VI Domenica dopo il Martirio di San Giovanni il Precursore

Ultimo Aggiornamento: 03/10/2009 23:44
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03/10/2009 23:44

Commento al Vangelo del 4 ottobre
La magnanimità di Dio
VI Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni il precursore
02.10.2009
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


L’Evangelo di questa domenica è singolare. A prima vista sembrerebbe una parabola sindacale che si occupa del giusto salario da dare ai lavoratori della vigna. In realtà Gesù non si sostituisce al nostro compito di determinare l’equa ricompensa per il lavoro svolto. Come tutte le parabole anche questa parla del Regno, meglio ancora descrive il volto di Dio. Ancora una volta Dio si manifesta come inguaribilmente rivolto verso l’uomo, magnanimo. Questo bellissimo aggettivo che dice appunto una grandezza d’animo sconfinata, esprime un tratto decisivo del cuore di Dio. Temo, invece, che noi siamo piuttosto pronti a condividere la posizione risentita di quegli operai che avendo lavorato per l’intera giornata ricevono un salario uguale a quello degli operai che hanno lavorato un’ora soltanto. Il nostro istintivo senso della giustizia si ribella perché la quantità di salario dovrebbe essere proporzionata alla quantità di ore di lavoro. E invece il padrone, pur rispettando gli accordi presi con i primi lavoratori vuole dare anche a chi ha lavorato per un’ora soltanto un salario pieno. Di qui il malcontento degli altri lavoratori. Perché questo comportamento a prima vista bizzarro, paradossale del padrone? E’ lui stesso a spiegarlo quando dice in risposta alle critiche: “Perché io sono buono”.

Le logiche del nostro agire

La parabola ci invita a riflettere su due diverse logiche che guidano il nostro agire. Molti nostri comportamenti stanno sotto il segno di quella che chiamerei logica di reciprocità o di equivalenza. Le nostre attività economiche dovrebbero stare sotto questa regola: io presto la mia opera per un certo numero di ore e tu mi paghi in proporzione. Io ti do denaro e tu mi dai merce in proporzione. I nostri rapporti professionali e economici dovrebbero essere regolati da questo criterio di equità. Sappiamo però che non sempre è così. Il lavoro non è stato sempre equamente retribuito e ancor oggi non mancano forme odiose di sfruttamento del lavoro, magari approfittando della condizione di immigrato o di clandestino. Si moltiplicano i punti vendita del cosiddetto commercio equo e solidale: un piccolissimo gesto per ricordare che in molti paesi l’equità non è affatto rispettata. Questo messaggio di giustizia, purtroppo ancor oggi tristemente attuale, non è però il cuore della parabola che vuole invece proporci un’altra logica che non sostituisce ma integra e arricchisce la prima. Accanto a questa logica di equivalenza o reciprocità, logica di giustizia ve ne è un’altra: logica di gratuità, di dono, di magnanimità. Quanti gesti della nostra vita quotidiana e sono tra i più belli sono dettati da questa seconda logica nel segno del dono gratuito. Per la gioia di donare, per il semplice desiderio di manifestare amore, gratitudine, benevolenza, senza obbligo alcuno, per rispondere allo slancio del cuore magnanimo, grande appunto. Quanti gesti sgorgano da questa gratuità, non sono frutto di calcolo, di tornaconto, di interesse, gesti dettati solo dall’amore per la persona. Si moltiplicano oggi le esperienze di volontariato: metto a disposizione una parte del mio tempo, la mia auto per accompagnare un malato, le mie competenze senza aspettarmi un ritorno, ma solo per la semplice gioia del donare a chi è nel bisogno.

La novità del Vangelo

Quante volte Gesù ci ha raccomandato questo stile: quando dai una cena non invitare quanti potranno a loro volta restituirti la cortesia invitandoti alla loro tavola: invita piuttosto quanti non potranno ripagarti invitandoti a casa loro. E ancora: Se amate quelli che vi amano che merito ne avrete… e se fate del bene a quelli che vi fanno del bene che merito ne avrete… Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” (Lc 6,27ss.) Agisci appunto in una logica di dono gratuito e non in uno spirito di pura reciprocità. Sembrano espressioni esagerate, paradossali, distanti dal buon senso comune. Gesù stesso ne è consapevole quando ci chiede un agire “straordinario”: “Se date il saluto soltanto ai vostri fratelli che cosa fate di straordinario? (Mt 5,47). Eppure proprio qui sta la novità dell’Evangelo che con la sua magnanimità scardina i nostri cuori un po’ gretti e meschini, chiedendoci un agire “straordinario” al di là dell’ordinario. Questa pagina evangelica mi suggerisce una riflessione che forse non incontrerà il favore di chi mi legge. Forse alcuni mi disapproveranno: spero vorranno manifestarmi il loro dissenso. Oggi si usa il termine reciprocità anche per regolare i rapporti con i nostri fratelli islamici. Si dice: se nei loro Paesi non permettono la costruzione di nostre chiese noi non dobbiamo permettere la costruzione di moschee e minareti nel nostro Paese. Alla luce dell’Evangelo di oggi io mi chiedo se come cristiani dobbiamo restituire pan per focaccia, come si dice, ripagare con la stessa moneta o se l’agire del Padrone della parabola non ci suggerisca un diverso stile: quello di una magnanimità che va ben al di là della semplice eppur doverosa giustizia, uno stile straordinario.
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