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Domenica V dopo il Martirio di S. Giovanni il Precursore

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2009 22:32
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26/09/2009 22:22

Letture Rito Ambrosiano
 
Dt 6,1-9; Sal 118; Rm 13,8-14a; Lc 10,25-37
 
 
 
 Domenica V dopo il Martirio di S. Giovanni il Precursore

LETTURA
Lettura del libro del Deuteronomio 6, 1-9

In quei giorni. Mosè disse: «Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso; perché tu tema il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte».

SALMO
Sal 118

® Beato chi cammina nella legge del Signore.
Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore. ®

Non commette certo ingiustizie
e cammina nelle sue vie.
Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti. ®

Non dovrò allora vergognarmi,
se avrò considerato tutti i tuoi comandi.
Ti loderò con cuore sincero,
quando avrò appreso i tuoi giusti giudizi.
Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai. ®

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 13, 8-14a

Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità. E questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Luca 10, 25-37

In quel tempo. Un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova il Signore Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
26/09/2009 22:32

Commento al Vangelo del 27 settembre
Gesù è il buon samaritano
V Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni il precursore
25.09.2009
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


Un anonimo pellegrino medievale ha inciso sul muro, ora diroccato, del cosiddetto “Albergo del Buon Samaritano” sulla strada per Gerico queste parole in latino: «Se persino sacerdoti e leviti passano oltre la tua angoscia, sappi che Cristo è il Buon Samaritano, che avrà sempre compassione di te e nell'ora della tua morte ti porterà alla locanda eterna». Una antichissima tradizione legge la parabola del Buon Samaritano come “icona” di Gesù, Dio di com-passione. La parabola è preceduta da una domanda circa ciò che è necessario per entrare nella vita eterna - amare Dio e il prossimo - e una successiva domanda: chi è il mio prossimo? Questa domanda è tipicamente giudaica. L’ebreo si metteva al centro e da lì definiva il prossimo in base a cerchi concentrici: dalla famiglia al clan, al popolo. Al di fuori gli infedeli. Al termine della parabola Gesù cambierà la domanda: Chi è stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti? Prima di definire chi sia il prossimo si tratta di diventare ed essere realmente prossimo dell'altro. Ad una catalogazione fredda e distaccata si oppone una relazione dinamica: farsi prossimo. Il prossimo non esiste già, prossimo si diventa quando si fa un passo verso... Discendeva... Tra Gerusalemme e Gerico vi sono 27 km con un dislivello di più di mille metri nel deserto montuoso di Giuda. Il verbo discendere è anche il termine tecnico per indicare il rientro ai propri villaggi dopo l'annuale visita al tempio (Mc 3,22; Lc 2,51; Gv 2,12; 4,47). E’ il momento triste in cui si lascia la gloria del Tempio per il deserto della vita di ogni giorno.

Un sacerdote e un levita

Un sacerdote... e un levita... La scelta di due uomini addetti al Tempio comporta una vena polemica, la stessa dei profeti che rimproveravano un culto solo esteriore non accompagnato dalla giustizia e dall’amore. Gesù ignora le motivazioni di questa omissione di soccorso. Probabilmente il timore di contrarre impurità toccando un ferito o peggio un cadavere con conseguenze anche economiche per sé e la propria famiglia, non avrebbe infatti percepito le decime e i riti di purificazione erano complessi e costosi. Due volte si usa il verbo (antiparelthen) passò oltre dall'altra parte, rappresentazione del girare alla larga da quel corpo. Invece un Samaritano... Sappiamo che quando Gesù vorrà darci un esempio di cammino verso la fede sosterà a lungo in dialogo proprio con una donna Samaritana. Quando vorrà darci un esempio di gratitudine dirà che l’unico dei dieci lebbrosi guariti che torna a ringraziarlo è un Samaritano. E quando vorrà manifestarci l’amore di Dio operante in Lui quasi si nasconderà sotto le fattezze del buon Samaritano. Eppure, lo sappiamo, Samaritano allora equivaleva a bastardo, infedele, indemoniato. L'insulto scagliato dai Giudei contro Gesù suona così: «Non diciamo con ragione che tu sei un samaritano e hai un demonio addosso?» (Gv 8,48). E invece Gesù si identifica proprio con un Samaritano! Una provocazione davvero eloquente. Ne ebbe compassione... il verbo qui adoperato fa riferimento alle viscere del grembo materno, esprime quindi l’amore “viscerale” e “materno” di Dio per le sue creature (Is 49,15). Questo verbo è nei Vangeli sempre e solo attribuito a Gesù nei confronti dei sofferenti. Luca lo adopera per il padre del figlio prodigo e per la commozione di Gesù di fronte al figlio della vedova di Nain. L’amore del Samaritano è attivo: fascia le ferite, vi versa vino e olio secondo la tecnica del pronto soccorso orientale, lo carica sulla sua cavalcatura. La prova d'amore conosce la generosità e la premura: per due volte si ripete il verbo “prendersi cura” (vv.34 e 35). Un amore che conosce il realismo e la concretezza. Il Samaritano estrae dalla sua cintura o dal turbante due denari, la paga di due giornate di lavoro di un operaio, pronto a coprire anche le spese ulteriori. Un amore personale: è ripetuto otto volte il pronome personale: «passandogli accanto, lo vide... gli si fece vicino, gli fasciò le ferite... caricatolo… lo portò... si prese cura di lui... Abbi cura di lui».

Il vero prossimo

La fraternità cristiana non conosce più distinzioni di clan, barriere razziali o nazionali: il fratello non è più il solo figlio di Abramo ma è ogni figlio di Adamo. Essere prossimo non è “evitare”, ma “farsi vicino”, non è tracciare frontiere ma abbracciare. Essere prossimo è anche la vera santità. Il sacerdote e il levita incarnano la sacralità glaciale che distanzia e separa, il Samaritano incarna la santità che condivide la sofferenza per sollevarla. Gesù è il Samaritano. Infatti: «Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi, quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Gv 3,16). E la perfezione è «essere misericordiosi come misericordioso è il Padre celeste» (Lc 6,36), amarsi «come Lui ci ha amati» (Gv 15,12). Il volto di Dio che la Bibbia ci presenta è quello di colui che è “irrazionale” non nella vendetta come lo è l’uomo (Gen 4,23-24) ma nel perdono e nell’amore. La parabola del buon Samaritano è anzitutto il ritratto di Dio e del suo Cristo, e per conseguenza del vero discepolo.
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