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Messa della Domenica che precede il Martirio di S. Giovanni il Precursore (XII Domenica dopo Pentecoste)

Ultimo Aggiornamento: 23/08/2009 14:51
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23/08/2009 14:51

23 agosto 2009 – XII domenica dopo Pentecoste anno B

a cura di Don Raffaello Ciccone

Lettura del secondo libro dei Maccabei. 7, 1-2. 20-41

Dopo la sconfitta dell'esercito persiano da parte di Alessandro Magno (siamo nel secolo quarto a.C.), la Giudea è governata con saggezza poiché continua a vivere secondo la legge di Mosé. Con la morte di Alessandro Magno e le tensioni interne tra i generali, Gerusalemme viene occupata nel 312 a.C. e la Palestina passa sotto la dinastia dei Tolomei. Annessa all'impero seleucida, unita alla Siria, segue le disavventure della nuova dinastia, sconfitta ripetutamente dei romani. Antioco Quarto, regnante dal 175a.C., rende sempre più drammatica anche la vita degli ebrei nella Giudea. Combatte contro l'Egitto, viene fermato dai romani, e muore nel 164 a.C. mentre tenta di conquistare l'Armenia e la Persia.

Questo re perseguita i Giudei perché vuole, con la forza, obbligare al culto degli dei greci. Suo obiettivo è anche depredare il tempio di Gerusalemme per il bisogno

continuo di danaro per la guerra e i tributi ai romani e, comunque, è determinato a sviluppare e concludere il processo di ellenizzazione del paese. Al capitolo 6 di questo libro si parla del tentativo di profanare il tempio, dedicandolo a Giove Olimpio (2 Mac 6,1-2).

L'episodio, che viene oggi letto nella liturgia, esalta il coraggio di una famiglia ebrea (sette figli e la madre) che rifiuta di mangiare carni proibite. Dopo aver raccontato la morte atroce di sei dei sette fratelli, tra i tormenti (che qui non leggiamo: 2 Mac 7, 3- 19), il racconto ricorda due discorsi della madre e uno dell'ultimo figlio ancora vivente: il minore di tutti. Si manifesta,nel testo, 1a grande maturazione della teologia ebraica. In particolare viene ricordato il dono della vita come dono di Dio e la vita piena che Egli offrirà nella risurrezione: "La sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito della vita".

Nel secondo discorso fatto all'ultimo figlio, per incoraggiarlo, gli ricorda che essi vivono la fede in Dio creatore che ha fatto il cielo e la terra dal nulla ("non da cose

preesistenti "). Il Dio d’Israele, perciò, è più grande di tutti i re della terra e il più potente.

Infine il discorso dell'ultimo figlio, cosciente della prossima, orribile morte. Il ragazzo richiama il giudice che lo condanna alla sua terribile responsabilità, conferma la sua fede nella certezza della vita eterna, ricorda la sicurezza del giudizio per chi fa soffrire ingiustamente le persone e infine, apertamente, proclama la divinità di un unico Dio che è il Dio di Israele.

L’autore biblico fa emergere, esemplarmente, il valore di una educazione coerente alla fede che permette di affrontare le difficoltà della vita, le sue contraddizioni, a volte la sua tragedia, con spirito di lucida speranza.

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 4, 7-14

Nei versetti che precedono il testo di questa liturgia, Paolo si difende, rivendicando la sua libertà, serietà, gratuità, "rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio"(4,2).

Egli rivendica di aver predicato la verità davanti ad ogni coscienza, e la verità è Cristo Gesù Signore "(v 5).

E tuttavia, mentre si difende, riconosce che il Vangelo è custodito in vasi di creta, nella sua debolezza e infermità. Ma più che riferimento al corpo (letture greca) c’è la consapevolezza della fragilità di tutta la persona (lettura ebraica). Eppure proprio questa fragilità manifesta "la potenza straordinaria di Dio". Paolo sa che la sua vita non è un grande esempio di successo o di popolarità, perché "tribolati da ogni parte" ma non disperati, perseguitati eppure soprattutto coscienti di non essere abbandonati. Paolo è consapevole che l'operosità e la missione che lo stimolano lo fanno diventare fiducioso agli occhi di coloro che incontra. Egli ha creduto e quindi parla. E così, nonostante la propria fatica, i cristiani di Corinto sono santificati dallo Spirito che vivifica ciascuno, e sono consci che la fede alimenterà ogni giorno la convinzione della risurrezione, "ponendoci accanto a lui" nella gloria.

L'esperienza di Paolo è segnata dal ricordo della delusione ad Atene quando pensava di avere una parola potente, perché ricca di cultura greca e si accorse, invece, di essere assolutamente insignificante. Fu così deriso e abbandonato dai suoi ascoltatori (Atti 17,16-34). Da allora si impegnò e continua ad impegnarsi in un linguaggio di verità, ricordando la stessa speranza di Gesù che salverà, per non aver accettato compromessi.

Egli ha, in tal modo, sperimentato che può aiutare solo se passa attraverso la sofferenza di Gesù, che ha offerto tutto, passando attraverso l’umiliazione della irrilevanza e della maledizione, perché negli uomini e nelle donne nascesse la vita.

Lettura del Vangelo secondo Matteo21, 33-46

Questo Vangelo di Matteo ricorda la seconda parte del discorso di Gesù ai discepoli-missionari che partono. Vi sono racchiusi tre atteggiamenti fondamentali: sapere di essere inviati a proclamare apertamente il messaggio di Gesù, il coraggio di liberarsi dalla paura, sviluppando il valore pieno di ciò che è stato loro affidato, avere come riferimento di verifica la professione di fede in Gesù: criterio decisivo di salvezza.

Tutto questo ha come sfondo il progetto-statuto dei credenti missionari (10,1-15) e la persecuzione durissima come Gesù sopporterà (Mt 10,16-25).

- Cristo ripete 3 volte: "Non abbiate paura" (26. 28. 31): la paura di non essere adatti (la tentazione dei profeti), di non essere competenti (non spetta a me), di essere diversi (conformismi).

Poiché la luce è più forte delle tenebre e la Parola è più grande del silenzio, la coraggiosa proclamazione del Vangelo non deve trovare ostacoli nella paura, nel

disagio, nel timore della morte. Solo Gesù è il Signore della vita e solo Lui sa dare senso ad ogni essere umano.

- Gesù richiama la radicale vocazione. L’esistenza è un bene prezioso ma limitato e bisogna essere disposti a perdere anche la vita per salvarsi. Altrimenti, come nell'usanza giudaica che raccoglie i rifiuti della città per bruciarli nella valle "della Geenna", c'è il rischio di diventare spazzatura inservibile da buttare.

- Tra immagini di vita quotidiana: vendere e comprare al mercato e sorprendentiattenzioni di Dio che conta persino i capelli, è ricordato per tre volte che questo Dio è Padre.

- Infine la radice della salvezza o della rovina definitiva del discepolo dipende dalla presa di posizione nei confronti di Gesù davanti agli uomini. Egli perciò può diventare consolatore-avvocato-paráclito o può diventare accusatore. In conclusione Gesù chiede di proclamare la Parola di Dio con fiducia e fedeltà. Questa sarà anche testimonianza davanti agli uomini e sarà coinvolgimento nello stesso destino di Gesù, che si fida del Padre e non teme.

- Il Vangelo di Matteo conclude le linee di scelta e di stile missionario dando suggerimenti preziosi per i suoi inviati. Gesù non vuol illudere nessuno circa l’accoglienza che verrà fatta al suo messaggio. Non è accomodamento, intesa per vivere in pace, tranquillità. Anzi, anche senza volerlo, porterà discordia per le scelte che esigono la fede in Lui e le sue parole. Non a caso, al v 35, Matteo ricorda la drammatica situazione della crisi familiare, quando qualche membro diventava cristiano e non veniva capito dai parenti nella sua stessa casa: "Sono venuto a separare il figlio dal padre, la figlia dalia madre". Nascevano tensione, paura e sconcerto anche per le conseguenze che coinvolgevano tutta la famiglia: dalla esclusione dalla sinagoga alla persecuzione. In tal modo la stessa famiglia doveva scegliere, rinnegando il vincolo del sangue (vedi il cieco nato Gv 9,18-23).

- Quattro sentenze che Gesù offre ai discepoli missionari mettono in guardia dai tradimenti e dalle illusioni, declinando passo passo la vita come responsabilità.

· I problemi e gli affetti sviluppano dipendenza e Gesù sa che, a volte, la scelta fondamentale di Lui comporta difficoltà· "Prendere la croce" rimanda alla tragica processione che il mondo romano svolgeva quando un pericoloso distruttore dell'impero veniva condannato. Passava tra la gente, deriso e rifiutato, e moriva sulla croce senza scampo. Il credente, invitato alla coerenza, rischia di essere qualificato come traditore e pericolo per l'impero· "Trovare la vita" significa cercarla e conservarla con tutte le proprie forze. Ma questo può portare alla distruzione. Gesù, invitando a cercare i valori più alti della stessa vita fino al rischio di perderla nel suo nome, la garantisce.

· L’accoglienza. E ci sono tre livelli di presenza: il discepolo, Gesù, il Padre. Nell'inviato c'è tutta l'autorità di Gesù: e Gesù, che fa da mediatore e sostiene, ripete, in due versetti 6 volte il termine "accogliere". Non solo c'è sempre spazio per poter essere disponibile e non finisce mai, ma accogliere non è elemosina poiché ciascuno porta qualcosa: il missionario è aiuto in una comunità: apostoli, profeti (predicatori itineranti), giusti. Si parla anche di accoglienza di poveripiccoli (fratelli bisognosi di assistenza). Dare un bicchiere di acqua fresca conduce alla generosità gratuita in un contesto dove l’acqua è preziosa e dove il povero-piccolo non può né pagare né ricambiare. Ma allora la ricompensa sarà data da Gesù stesso.

Sembra che Gesù porti tutto il suo messaggio alla esasperazione. Ma, come tutto il Vangelo, la radicalità non pretende che si ubbidisca alla lettera, ma che

si accettino strade ed itinerari inusuali che portano ad orientamenti assolutamente nuovi, quelli di Gesù e chiede scelte di campo.

Da Caritas in veritate n.2 (Benedetto XVI 29 giugno 2009) Lettera enciclica sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità. "La carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa. Ogni responsabilità e impegno delineati da tale dottrina sono attinti alla carità che, secondo l'insegnamento di Gesù, è la sintesi di tutta la Legge (cfr Mt 22,36-40). Essa dà vera sostanza alla relazione personale con Dio e con il prossimo; è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici. Per la Chiesa — ammaestrata dal Vangelo — la carità è tutto perché, come insegna san Giovanni (cfr 1 Gv 4,8.16) e come ho ricordato nella mia prima Lettera enciclica, « Dio è carità » (Deus caritas est): dalla carità di Dio tutto proviene, per essa tutto prende forma, ad essa tutto tende. La carità è il dono più grande che Dio abbia dato agli uomini, è sua promessa e nostra speranza".

www.aclimilano.com

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