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XI Domenica dopo Pentecoste

Ultimo Aggiornamento: 15/08/2009 16:15
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15/08/2009 16:10

MESSA VIGILIARE DELLA DOMENICA XI DOPO PENTECOSTE

VANGELO DELLA RISURREZIONE

Annuncio della Risurrezione del Signore Nostro Gesù Cristo secondo Giovanni 20, 24-29


Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne il Signore Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Cristo Signore è risorto!
15/08/2009 16:13

DOMENICA XI DOPO PENTECOSTE

LETTURA

Lettura del primo libro dei Re 18,16b-40a


In quei giorni. Acab si diresse verso Elia. Appena lo vide, Acab disse a Elia: «Sei tu colui che manda in rovina Israele?». Egli rispose: «Non io mando in rovina Israele, ma piuttosto tu e la tua casa, perché avete abbandonato i comandi del Signore e tu hai seguito i Baal. Perciò fa’ radunare tutto Israele presso di me sul monte Carmelo, insieme con i quattrocentocinquanta profeti di Baal e con i quattrocento profeti di Asera, che mangiano alla tavola di Gezabele».
Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla. Elia disse ancora al popolo: «Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!». Tutto il popolo rispose: «La proposta è buona!».
Elia disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto. Venuto mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà». Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione.
Elia disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome». Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: «Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elia e disse: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!». Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!». Elia disse loro: «Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi neppure uno!».

SALMO
Sal 15

® Sei tu, Signore, l’unico mio bene.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore:
«Il mio Signore sei tu,
solo in te è il mio bene». ®

Moltiplicano le loro pene
quelli che corrono dietro a un dio straniero.
Io non spanderò le loro libagioni di sangue,
né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi.
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita. ®

Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra. ®

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 11,1-15

Fratelli, io domando: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch’io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. «Dio non ha ripudiato il suo popolo», che egli ha scelto fin da principio. Non sapete ciò che dice la Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele? Signore, «hanno ucciso i tuoi profeti, hanno rovesciato i tuoi altari, sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita». Che cosa gli risponde però la voce divina? «Mi sono riservato settemila uomini, che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal». Così anche nel tempo presente vi è un resto, secondo una scelta fatta per grazia. E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti. Gli altri invece sono stati resi ostinati, come sta scritto: / «Dio ha dato loro uno spirito di torpore, / occhi per non vedere / e orecchi per non sentire, / fino al giorno d’oggi». / E Davide dice: / «Diventi la loro mensa un laccio, un tranello, / un inciampo e un giusto castigo! / Siano accecati i loro occhi in modo che non vedano / e fa’ loro curvare la schiena per sempre!». Ora io dico: forse inciamparono per cadere per sempre? / Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta alle genti, per suscitare la loro gelosia. Se la loro caduta è stata ricchezza per il mondo e il loro fallimento ricchezza per le genti, quanto più la loro totalità! A voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti?

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo 21, 33-46

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: / “La pietra che i costruttori hanno scartato / è diventata la pietra d’angolo; / questo è stato fatto dal Signore / ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
15/08/2009 16:15

Lettura del primo libro dei Re. 18, 16b-40a

Il profeta Elia è ricercato da Acab, il re del Regno d’Israele, poiché rimprovera ad Elia una carestia terribile che affama il paese ormai da tre anni. Elia risponde che la colpa è del re e della sua famiglia. In particolare ricorda la moglie Gezabele che si è fatta ardente e tenace missionaria della religione dei Fenici ed ha diretto con ostinazione la lotta contro la religione d’Israele. Elia lancia una sfida e chiede che il re raduni tutto Israele sul monte Carmelo, insieme con 450 profeti di Baal e 400 profeti di Asera, che mangiano alla tavola di Gezabele e perciò da lei sovvenzionati.

Il monte Carmelo è un luogo particolarmente caro e adatto ai vari culti che si sono succeduti.

Elia, coraggiosamente, affronta, da solo, la religiosità paganavincente poiché vuole riconquistare il popolo alla fedeltà di Dio.

Ci potrebbe essere anche un certo parallelismo di immagine con l'assemblea di Sichem dove Giosuè, arrivato, finalmente, nella terra promessa, decide di riproporre e di accettare l’Alleanza,.

Prima di dividersi sul territorio, le varie tribù, riunite tutte, proclamano anch’esse l'impegno dell'alleanza, imitando Giosuè stesso (Giosuè cap 24).

Elia è sicuro nella propria fede e quindi utilizza l'ironia sulla fede pagana, rilevando l’atteggiamento di alcuni convinti e di molti rassegnati.

Sono previsti, in pratica, i due sacrifici fondamentali che si celebrano in Israele.

Quello del mattino viene desiderato dai sacerdoti di Baal. E tuttal’impetrazione si allunga ben oltre il mezzogiorno.

L’offerta del pomeriggio viene lasciata ad Elia.

Anche i preparativi, che Elia organizza, tendono ad ostacolare il fuoco sui sacrifici degli animali uccisi perché potesse risplendere

meglio la potenza di Dio. Il miracolo si compie immediatamente e non solo consuma l'olocausto ma anche tutto quello che era

stato organizzato per l'occasione, compreso le pietre dell’altare.

Finalmente il popolo accetta di fare la sua scelta, tornando all'antica fede. Così il profeta ha raggiunto il suo scopo, ma ritiene che dopo la convinzione bisogna distruggere. Il seguito, drammatico, della storia di Elia lo convincerà che questa non è la scelta di Dio.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani. 11, 1-15

Il dramma che Paolo continuamente ha nel cuore è constatare che il popolo d'Israele, nel suo insieme, non ha riconosciuto Gesù

come il Messia.

E, d'altra parte, si rende anche conto che il messaggio di Gesù è un messaggio che non si può restringere solo al popolo d'Israele ma, nella sua dinamica, è aperto a tutto il mondo.

In questo capitolo c’è la domanda fondamentale che angoscia Paolo: "Allora, Dio ha ripudiato il suo popolo?".

La risposta è nel cuore sulla bocca di ogni israelita: Dio non ha ripudiato il suo popolo perché Egli è fedele.

Il ricordo, ovviamente, ritorna alla solitudine del profeta Elia.

Egli, unico di fronte alla corte e a centinaia di sacerdoti del re e del culto pagano di Gezabele, coraggioso ma anche deluso e

successivamente titubante, credeva di essere abbandonato e che fosse crollata tutta l’Alleanza. Allora il Signore gli ha svelato

l’esistenza e la scelta di 7000 uomini "che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal" (1 Re 19,18).

Solo il Signore conosce, sotto situazioni che appaiono perdenti o insignificanti, progetti grandiosi e rivincite sul male inimmaginabili.

L'avere accettato questa defezione del mondo ebraico, pensa Paolo, ha permesso alle genti di ritrovare la ricchezza di Dio che

si è aperta a tutti. Alla fine, poiché Dio è fedele sempre, ci sarà come una risurrezione di tutti coloro che non hanno accettato

Gesù e, però, lo scopriranno nella pienezza della luce e nella riconciliazione totale del mondo.

Lettura del Vangelo secondo Matteo21, 33-46

Nel racconto della parabola dei vignaioli ci sono molti richiami al "canto della vigna" che il profeta Isaia sviluppò per raccontare

il conflitto, sorto fra Dio e il suo popolo. E nel giudizio istruito dal Signore, il popolo stesso fu chiamato ad essere, insieme,

imputato, testimone e giudice (Isaia 5,1-7).

"Or dunque, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siete voi i giudici tra me e la mia vigna" (5,3): è il canto della libertà amorosa di Dio e della risposta libera dell’uomo, dell'amorevolezza e del rifiuto.

Qui, tuttavia, cambiano i personaggi. In Isaia centro della parabola era Dio e la vigna produceva frutti acerbi, qui il centro è costituito da Dio che chiede conto ai suoi dipendenti che non accettano di essere riconosciuti responsabili di un lavoro e quindi della consegna di quello che hanno prodotto.

Al tempo della vendemmia il padrone manda i suoi servi (i profeti) in due invii successivi (potrebbero identificarsi quelli viventi prima e dopo l'esilio di Babilonia).

Alla fine il padrone manda il figlio suo perché continua a sperare il recupero di queste persone che ha sempre amato e onorato.

Attraverso la consapevolezza e la responsabilità, egli spera in una soluzione positiva. Eppure, alla vista del figlio, i vignaioli ribelli non solo continuano nella rivolta, ma sviluppano anche l'ingordigia e l'ostinazione di restare soli, soprattutto padroni, senza dover rendere conto a nessuno.

Così anche il figlio viene ucciso, ma fuori dalla vigna.

E qui chiaramente Matteo, in trasparenza, fa ripensare alla vigna come a Gerusalemme, e la morte, fuori della vigna, come al richiamo che spesso nel Vangelo ritorna: Gesù , espulso dalla sua città, è ucciso.

Gesù, nel racconto, interpella i suoi interlocutori che arrivano a sentenziare la condanna a morte. Ma Gesù non conclude sulla vendetta. Garantisce solo che, nonostante le apparenze, esiste in sostenere edifici e di stritolare nazioni. Egli non si lascia annientare, anche se agli occhi di tutti Gesù fallirà morendo in croce.

Eppure Gesù non parla di vendetta. Semplicemente svela il passaggio di eredità, o meglio di scelte e di nuovi collaboratori perché la vigna dia frutto.

L'uditorio qualificatissimo, sommi sacerdoti ed anziani del popolo, ha capito il messaggio e il presagio che li spaventa. Non si rendono conto, però, che stanno letteralmente mettendo in scena la stessa tragedia nel loro mondo.

Gesù non si lascia provocare, poiché deve testimoniare la stessa disponibilità del Padre che manda il figlio. Sembra che ci sia una forte dose di ingenuità eppure è la disponibilità, consapevole, d’altra parte, di un futuro che impegnerà un’infinita dote di misericordia

Da Caritas in veritate n 1 (Benedetto XVI 29 giugno 2009) Lettera enciclica sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità. "Questa, infatti, « si

compiace della verità » (1 Cor 13,6). Tutti gli uomini avvertono l'interiore impulso ad amare in modo autentico: amore e verità non li abbandonano mai

completamente, perché sono la vocazione posta da Dio nel cuore e nella mente di ogni uomo. Gesù Cristo purifica e libera dalle nostre povertà umane la ricerca

dell'amore e della verità e ci svela in pienezza l'iniziativa di amore e il progetto di vita vera che Dio ha preparato per noi. In Cristo, la carità nella verità diventa

il Volto della sua Persona, una vocazione per noi ad amare i nostri fratelli nella verità del suo progetto. Egli stesso, infatti, è la Verità (cfr Gv 14,6)".

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