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IX Domenica dopo Pentecoste

Ultimo Aggiornamento: 01/08/2009 20:07
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01/08/2009 19:22

MESSA VIGILIARE DELLA IX DOMENICA DOPO PENTECOSTE

VANGELO DELLA RISURREZIONE

Annuncio della Risurrezione del Signore Nostro Gesù Cristo secondo Luca 24, 13b. 36-48

In quello stesso giorno, mentre gli Undici e gli altri che erano con loro parlavano di queste cose, il Signore Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».
Cristo Signore è risorto!
® Rendiamo grazie a Dio!
01/08/2009 19:33

chiesadimilano
 
Letture Rito Ambrosiano
 
2Sam 6,12b-22; Sal 131; 1Cor 1,25-31; Mc 8,34-38
 
 
 
LETTURA
Lettura del secondo libro di Samuele 6, 12b-22


In quei giorni. Davide andò e fece salire l’arca di Dio dalla casa di Obed-Edom alla Città di Davide, con gioia. Quando quelli che portavano l’arca del Signore ebbero fatto sei passi, egli immolò un giovenco e un ariete grasso. Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore. Davide era cinto di un efod di lino. Così Davide e tutta la casa d’Israele facevano salire l’arca del Signore con grida e al suono del corno. Quando l’arca del Signore entrò nella Città di Davide, Mical, figlia di Saul, guardando dalla finestra vide il re Davide che saltava e danzava dinanzi al Signore e lo disprezzò in cuor suo. Introdussero dunque l’arca del Signore e la collocarono al suo posto, al centro della tenda che Davide aveva piantato per essa; Davide offrì olocausti e sacrifici di comunione davanti al Signore. Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di comunione, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore degli eserciti e distribuì a tutto il popolo, a tutta la moltitudine d’Israele, uomini e donne, una focaccia di pane per ognuno, una porzione di carne arrostita e una schiacciata di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa sua. Davide tornò per benedire la sua famiglia; gli uscì incontro Mical, figlia di Saul, e gli disse: «Bell’onore si è fatto oggi il re d’Israele scoprendosi davanti agli occhi delle serve dei suoi servi, come si scoprirebbe davvero un uomo da nulla!». Davide rispose a Mical: «L’ho fatto dinanzi al Signore, che mi ha scelto invece di tuo padre e di tutta la sua casa per stabilirmi capo sul popolo del Signore, su Israele; ho danzato davanti al Signore. Anzi mi abbasserò anche più di così e mi renderò vile ai tuoi occhi, ma presso quelle serve di cui tu parli, proprio presso di loro, io sarò onorato!».

SALMO
Sal 131

® Il Signore ha scelto Sion per sua dimora.
Ricòrdati, Signore, di Davide,
quando giurò al Signore:
«Non entrerò nella tenda in cui abito,
non mi stenderò sul letto del mio riposo,
finché non avrò trovato un luogo per il Signore,
una dimora per il Potente di Giacobbe». ®

Sorgi, Signore, verso il luogo del tuo riposo,
tu e l’arca della tua potenza.
I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia
ed esultino i tuoi fedeli. ®

Per amore di Davide, tuo servo,
non respingere il volto del tuo consacrato.
Sì, il Signore ha scelto Sion,
l’ha voluta per sua residenza:
«Questo sarà il luogo del mio riposo per sempre:
qui risiederò, perché l’ho voluto». ®

EPISTOLA
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1, 25-31


Fratelli, ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, «chi si vanta, si vanti nel Signore».

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Marco 8, 34-38

In quel tempo. Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, il Signore Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
01/08/2009 20:07

Commento al Vangelo del 2 agosto
Seguire Gesù e l’evangelo
IX Domenica dopo Pentecoste 
31.07.2009
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


Nell’evangelo di questa nona domenica c’è un piccolo ma prezioso dettaglio ripreso due volte. Gesù dice: «Chi perderà l’anima sua per me e per l’evangelo…» e poco oltre: «chi si vergognerà di me e delle mie parole…». Due volte Gesù unisce la sua persona all’evangelo, alle sue parole: la sua causa è la causa dell’evangelo, decidersi per le sue parole vuol dire decidersi per lui. Questa identificazione è decisiva per il nostro cammino di fede: il primo accesso privilegiato alla persona di Gesù è attraverso le sue parole, grazie all’evangelo. Se vogliamo seguire Gesù ci è data una via sicura rappresentata dalle sue parole. La distanza che il tempo inesorabile ha scavato tra il suo tempo e il nostro può esser superata grazie all’ascolto delle sue parole: Gesù diviene nostro contemporaneo. Possiamo così comprendere la parola di quel grande studioso delle Scritture, san Girolamo: «L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo». E’ stato grande merito del Concilio restituire alla liturgia della Parola il suo pieno valore: la mensa della parola, non diversamente dalla mensa del pane eucaristico ci dona la vera, misteriosa presenza del Signore, perché quando nell’assemblea cristiana si apre il libro delle Scritture è Cristo stesso che ci parla. E un bacio suggella la proclamazione dell’Evangelo nella liturgia. Un bacio, come a sottolineare che non di una cosa si tratta, di un libro sacro, ma dell’incontro con la persona di Gesù che attraverso la sua Parola non solo ci istruisce ma più profondamente a noi si comunica prima di comunicarsi a noi mediante il pane spezzato. Sulla via di Emmaus, prima di svelarsi ai due discepoli nel gesto di spezzare il pane, Gesù si manifesta attraverso la parola che dischiude l’intelligenza delle Scritture. E infatti il loro cuore viene invaso dall’emozione mentre il misterioso compagno di strada parla con loro lungo la strada: «Non ci ardeva il cuore nel petto mentre lungo la via ci spiegava le Scritture?».

Anima e corpo

La lettura personale e soprattutto quella liturgica delle Scritture è quindi incontro con la persona di Gesù e non solo trasmissione di contenuti conoscitivi, è vera e propria esperienza di fede. Ancora il Concilio ci ricorda che credere è abbandono - anche questo termine ha una intensa valenza personale - a Dio che si rivela. Non dirò mai che “mi abbandono” alla lettura di un testo: “mi abbandono” nelle braccia di una persona amata. Nel testo odierno un termine ritorna ripetutamente: anima. Salvare l’anima, perdere l’anima, niente vale più dell’anima… Siamo abituati ad usare questo termine in opposizione a quello di corpo, privilegiando la dimensione spirituale della persona a scapito della sua corporeità. Ma non dimentichiamo che nella cultura ebraica questa divisione-opposizione corpo-anima non esiste e che la persona è tutt’uno, unità profonda di dimensione spirituale e materiale.

Perdersi per ritrovarsi

Anche la nostra esperienza lo conferma, non c’è infatti atto umano per quanto intensamente spirituale che non abbia anche una connotazione materiale. Pensiamo all’amore umano che si esprime attraverso gesti materiali carichi di tenerezza, nel trasalire dei corpi. Salvare l’anima non vuol dire evadere dalla nostra corporeità in una fuga spirituale. Salvare l’anima vuol dire salvare l’intera persona nel suo nucleo centrale e decisivo - l’anima - là dove la persona esercita la sua libertà. E salvare l’anima, ci dice l’Evangelo, vuol dire perderla. Sembra un paradosso: io realizzo pienamente la mia esistenza solo donandola, perdendola nel dono incondizionato. Chi, al contrario vuole salvarsi, chiudendosi a riccio su se stesso, possedendosi gelosamente, si perderà. Anche questa è esperienza umana quotidiana: solo nell’apertura verso l’altro, solo nel dono di sé, solo nel dialogo confidente c’è pienezza di vita, appunto salvezza dell’anima. Non è forse questo il senso della vita di Gesù, venuto non per esser servito ma per servire e dare la sua vita per…? E la croce è la cifra suprema di una esistenza donata: «Avendo amato i suoi li amò fino al segno supremo… Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per…».Tutta la nostra persona è chiamata a seguire il Signore sulla via del dono di sé: questo e solo questo è l’Evangelo.
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