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Commento al Vangelo del 25 ottobre
I testimoni increduli
I Domenica dopo Dedicazione
23.10.2009
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


L’Evangelo di questa domenica, conclusione del Vangelo secondo Marco, racchiude due messaggi a prima vista incompatibili. Da un lato registra con estrema onestà la reazione incredula dei discepoli all’annuncio della resurrezione, dall’altro il compito che proprio a questi increduli Gesù affida.
L’annuncio della risurrezione, vertiginoso per la nostra intelligenza, ha incontrato la tenace resistenza dei discepoli di Gesù. Proprio loro che avevano ascoltato dal Maestro il ripetuto annuncio della sua morte e della sua risurrezione il terzo giorno, sono fermi alla drammatica esperienza della sua morte cancellando la promessa della risurrezione. E Gesù infatti rimprovera i discepoli per la loro incredulità e durezza di cuore perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto (16,14).
Gli Evangelisti sono unanimi nel registrare l'incredulità dei discepoli. Così Matteo: "quando gli undici discepoli videro (Gesù risorto) si prostrarono alcuni però dubitavano" (28,16s.). Secondo Luca le parole delle donne che riferiscono d'aver avuto una visione di angeli non vengono credute dai discepoli che le prendono per vaneggiamenti (24,11). I due di Emmaus tristi e sfiduciati fanno ritorno alle loro case ora che le speranze suscitate da Gesù sono sepolte con lui. E le parole di quanti affermano che Gesù è vivo (24,22-24) non fanno breccia nei loro cuori increduli. E ancora la reazione dei discepoli è quella di chi crede di vedere un fantasma (24, 37) è reazione di turbamento e dubbio (24,38). Secondo Giovanni sembra di poter dire che i discepoli dopo la Pasqua ritornano alle loro occupazioni di un tempo, la pesca (21, 1ss.) Tommaso che siamo soliti identificare come l’incredulo per eccellenza, non è affatto solo, esprime con maggiore decisione la resistenza a credere che è di tutti gli altri discepoli. Ma è soprattutto nel vangelo di Marco che questa incredulità è vistosamente presente.

Uomini pieni di paura

Nella sua primitiva stesura il vangelo si concludeva al cap. 16,8 con la fuga delle donne dal sepolcro piene di timore e di spavento: "E non dissero niente a nessuno perchè avevano paura". Il Vangelo si chiudeva con questo silenzio carico di paura. Successivamente una aggiunta conclude con la menzione di altre apparizioni di Gesù ma anche queste accompagnate da incredulità (16,11.13). E’ certo un indizio di grande affidabilità dei racconti evangelici il fatto che registrino con onestà l’incredulità dei discepoli. Se i Vangeli fossero una costruzione della primitiva comunità certo non vi troveremmo così vistosamente attestata l’incredulità dei primi discepoli che davvero non ci fanno una splendida figura. Ci aspetteremmo, a questo punto, una sorta di licenziamento in tronco. Avviene invece proprio il contrario. Ecco il secondo messaggio di questa pagina. A questi uomini pieni di paura e increduli Gesù affida il compito di andare e predicare l’evangelo (16,15). La chiesa è fondata su questi undici increduli, undici uomini che nell’ora della prova sono fuggiti tutti, con la sola eccezione di Giovanni. In verità la Chiesa prima che su questi undici increduli è fondata su Gesù, gli Undici dovranno solo ridire a tutti e per sempre che solo in Lui, nel Signore Gesù crocifisso e risorto, vi è speranza per ogni uomo.

Nessuno è inadatto

Non dovranno tanto esibire la loro fede, quanto mai incerta, ma farsi eco dell’unica parola che salva, quella Parola che appunto la morte non ha potuto cancellare. Forse anche noi, talvolta, avvertiamo la sproporzione tra il messaggio vertiginoso dell’evangelo e la pochezza della nostra fede, ci sentiamo impari al compito di testimoniare che Gesù è il Vivente. Non più tardi di qualche settimana fa, una persona invitata ad assumere il compito di catechista dei nostri ragazzi, mi confidava la sua esitazione in ragione dei suoi dubbi, delle sue incertezze, della sua inadeguatezza a tale compito. Eppure proprio a uomini dubbiosi, increduli, inadeguati Gesù ha affidato il suo evangelo. Nessuno di noi si consideri perciò inadatto a comunicare ad altri la buona notizia: non dobbiamo trasmettere parole nostre e tanto meno esibire la nostra fede: dobbiamo andare dappertutto e proclamare ad ogni creatura solo l’Evangelo, niente altro che l’Evangelo. Con l’unica certezza che il Signore agisce con noi e conferma la nostra parola.