00 18/09/2009 21:46
Fine vita: il Parlamento sia sovrano

Davvero non c’è più tempo da perdere: il Parlamento non può tollerare oltre
di lasciarsi esautorare da ristrette cerchie di magistrati che manipolano a
piacimento princìpi giuridici cardine su una materia indisponibile come la
vita umana. Assistiamo a un’inaccettabile sarabanda di sentenze ambigue,
nelle quali viene esaltata la libertà individuale rendendola a tal punto
abnorme da giustificare capziosamente un raggelante "diritto di morire" come
e quando si preferisce. Alcuni giudici amministrativi ora arrivano al punto
di respingere «per difetto di giurisdizione» il ricorso contro l’atto di
indirizzo ministeriale "per Eluana" snocciolando, intanto, ben tredici
cartelle di discutibile esercizio retorico e ideologico. L’umanità più
fragile è sotto il tiro di questi colpi di mano. Che hanno l’unico merito di
chiarire una volta per tutte come il varo di una legge seria sul fine vita
non possa più attendere.

Antefatto:
Fine vita, dal Tar del Lazio una sentenza ambigua

A nessuno possono essere imposte alimentazione e idratazione forzata, né
cosciente né incosciente, e anche in caso di stato vegetativo un cittadino
può esprimere "ex post" la propria volontà di interrompere terapie giudicate
inutili, comprese proprio alimentazione e idratazione. È il parere dei
giudici del Tar del Lazio, che in quello che è un "caso" già destinato a far
discutere, hanno respinto per difetto di giurisdizione il ricorso del
Movimento difesa dei Cittadini all'ordinanza Sacconi emanata lo scorso anno,
nei giorni del caso Eluana, ma hanno ugualmente espresso il loro parere
sulla questione.

Dicendo tutto il contrario rispetto alla legge sul testamento biologico già
approvata alla Camera e al vaglio del Senato (in cui si precisa, invece, che
alimentazione e idratazione artificiali sono atti imprescindibili che il
malato in stato vegetativo non può rifiutare tramite una dichiarazione
anticipata di trattamento).

"I pazienti in stato vegetativo permanente - si legge nella curiosa
sentenza - che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure
loro praticate o da praticare e non devono in ogni caso essere discriminati
rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso,
possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la
pratica di determinate cure mediche nei loro confronti". E ancora: il
paziente "vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato
nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a
quale terapia sottoporsi".

Nella sentenza il Tar richiama sia il parere del Comitato Nazionale per la
Bioetica del 2005, sia quello della Convenzione sui diritti delle persone
disabili approvata dall'Onu nel 2006, secondo cui - vale la pena
ricordarlo - i pazienti in stato vegetativo sono da considerare a tutti gli
effetti dei disabili gravi e che negare loro alimentazione e idratazione
significherebbe discriminarli rispetto ai disabili meno gravi.

Sacconi: «Ancora più urgente la legge». Immediata la risposta di Sacconi:
«Se corrisponde al vero quanto contenuto in una nota che fa riferimento a
una sentenza del Tar del Lazio sul caso di Eluana Englaro - ha scritto in
una nota il ministro del Welfare - questo rende di fatto ancora più urgente
l'approvazione della 'norma Englaro' relativa all'inalienabile diritto
all'alimetnazione e all'idratazione per offrire una certezza normativa
coerente con l'articolo 2 della Carta costituzionale e con il riconoscimento
del valore della vita che è presente nella tradizione largamente condivisa
del nostro popolo».

da avvenire.it