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18/09/2009 20:08 | |
Sui pazienti in stato vegetativo i quotidiani invertono la realtà | SENTENZA TAR, NOTIZIE INQUINATE DALL`IDEOLOGIA | Nel mondo alla rovescia, avvelenato dall’ideologia, succede che il ricorso contro l’atto di indirizzo del titolare del Welfare Maurizio Sacconi – con cui, nello scorso dicembre, il ministro aveva stabilito che interrompere nutrizione e idratazione delle persone in stato vegetativo persistente non è legale per le strutture pubbliche e private del servizio sanitario nazionale – su molti importanti giornali risulti “accolto” dal Tar del Lazio. Non è vero, è accaduto esattamente l’opposto: il ricorso contro l’atto di indirizzo è stato respinto (dobbiamo ripetere per i duri di comprendonio? R-e-s-p-i-n-t-o) per difetto di giurisdizione. Eppure, a leggere la cronaca di ammiraglie dell’informazione nazionale, come Repubblica e Corriere della Sera, si apprende che è stato “accolto dai giudici del Lazio un ricorso del Movimento difesa dei Cittadini sul testo di Sacconi dei giorni del caso Eluana” (Repubblica) e che “i giudici hanno accolto il ricorso presentato da Gianluigi Pellegrino, legale del Movimento difesa dei Cittadini”. In realtà, il Tar – che testualmente scrive nella sentenza: “Dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso proposto dal Movimento difesa del cittadino”: leggere per credere – si lancia in considerazioni sulla necessità di non discriminare i disabili impossibilitati a rifiutare certi trattamenti perché non più in grado di intendere e di volere. Lo fa accogliendo le motivazioni della famosa sentenza della Cassazione che inventò, apposta per Eluana, l’istituto del consenso informato presunto, ma non può fare a meno di richiamare la recente Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, nella quale si dispone che “gli Stati riconoscono che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità”, e che devono “prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità”. E comunque, alla fine, il Tar rimanda la questione al giudice ordinario, dopo (repetita iuvant) aver respinto il ricorso contro l’atto di indirizzo di Sacconi.
Nicoletta Tiliacos
Piuvoce.net
Comunicato n° 37 del 18 Settembre 2009 TAR LAZIO: PRONUNCIA A FAVORE DELL'ABBANDONO DEI SOSTEGNI VITALI
L’Associazione Scienza & Vita prende atto con disappunto della sentenza emessa dal Tar Lazio, in relazione all’asserito diritto di rifiutare alimentazione e idratazione artificiali. Sebbene il Tar Lazio abbia ritenuto inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, in quanto trattasi di diritti soggettivi, afferma comunque principi che, tra l’altro, introducono l’abbandono di “cura”, ovvero di quelle forme come alimentazione e idratazione che sono da considerare sostegno vitale e non terapie. Si disattenderebbe, altrimenti, il fondamento della relazione medico-paziente che si basa sul dovere di “cura”, ovvero della presa in carico di ogni persona ancor più nelle gravi disabilità o in stati terminali, senza per questo ricorrere ad accanimenti o abbandoni eutanasici. Si introduce una cultura per il diritto a morire - avallato da volontà ricostruite - a fronte del favor vitae di rango costituzionale. Si contraddicono la Costituzione Italiana che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”; il Codice deontologico dei medici che afferma “il dovere del medico nella tutela della vita e della salute fisica e psichica”; la Convenzione dell’Onu sui diritti delle persone con disabilità che richiama il dovere da parte degli Stati di “prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità”. Si richiede pertanto un’assunzione di responsabilità che impedisca il piano scivoloso di una cultura eutanasica dissimulata da una falsificante interpretazione del principio di autonomia.
Associazione Scienza & Vita
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18/09/2009 21:46 | |
Fine vita: il Parlamento sia sovrano
Davvero non c’è più tempo da perdere: il Parlamento non può tollerare oltre di lasciarsi esautorare da ristrette cerchie di magistrati che manipolano a piacimento princìpi giuridici cardine su una materia indisponibile come la vita umana. Assistiamo a un’inaccettabile sarabanda di sentenze ambigue, nelle quali viene esaltata la libertà individuale rendendola a tal punto abnorme da giustificare capziosamente un raggelante "diritto di morire" come e quando si preferisce. Alcuni giudici amministrativi ora arrivano al punto di respingere «per difetto di giurisdizione» il ricorso contro l’atto di indirizzo ministeriale "per Eluana" snocciolando, intanto, ben tredici cartelle di discutibile esercizio retorico e ideologico. L’umanità più fragile è sotto il tiro di questi colpi di mano. Che hanno l’unico merito di chiarire una volta per tutte come il varo di una legge seria sul fine vita non possa più attendere.
Antefatto: Fine vita, dal Tar del Lazio una sentenza ambigua
A nessuno possono essere imposte alimentazione e idratazione forzata, né cosciente né incosciente, e anche in caso di stato vegetativo un cittadino può esprimere "ex post" la propria volontà di interrompere terapie giudicate inutili, comprese proprio alimentazione e idratazione. È il parere dei giudici del Tar del Lazio, che in quello che è un "caso" già destinato a far discutere, hanno respinto per difetto di giurisdizione il ricorso del Movimento difesa dei Cittadini all'ordinanza Sacconi emanata lo scorso anno, nei giorni del caso Eluana, ma hanno ugualmente espresso il loro parere sulla questione.
Dicendo tutto il contrario rispetto alla legge sul testamento biologico già approvata alla Camera e al vaglio del Senato (in cui si precisa, invece, che alimentazione e idratazione artificiali sono atti imprescindibili che il malato in stato vegetativo non può rifiutare tramite una dichiarazione anticipata di trattamento).
"I pazienti in stato vegetativo permanente - si legge nella curiosa sentenza - che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare e non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso, possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti". E ancora: il paziente "vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi".
Nella sentenza il Tar richiama sia il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica del 2005, sia quello della Convenzione sui diritti delle persone disabili approvata dall'Onu nel 2006, secondo cui - vale la pena ricordarlo - i pazienti in stato vegetativo sono da considerare a tutti gli effetti dei disabili gravi e che negare loro alimentazione e idratazione significherebbe discriminarli rispetto ai disabili meno gravi.
Sacconi: «Ancora più urgente la legge». Immediata la risposta di Sacconi: «Se corrisponde al vero quanto contenuto in una nota che fa riferimento a una sentenza del Tar del Lazio sul caso di Eluana Englaro - ha scritto in una nota il ministro del Welfare - questo rende di fatto ancora più urgente l'approvazione della 'norma Englaro' relativa all'inalienabile diritto all'alimetnazione e all'idratazione per offrire una certezza normativa coerente con l'articolo 2 della Carta costituzionale e con il riconoscimento del valore della vita che è presente nella tradizione largamente condivisa del nostro popolo».
da avvenire.it |
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